domingo, 10 de enero de 2010

Minacciati dal terrorismo? / 2

L'articolo precedente, con lo stesso titolo, concludeva con un paio di domande . Vorrei cercare di rispondere almeno alla prima. Chi e con quale scopo sta cercando di installare un clima di paura collettiva, l'idea di uno scontro in chiave anti Usa o antioccidentale col terrorismo di matrice islamica; l'idea dunque che se siamo sotto attacco dobbiamo applicare e rinforzare misure eccezionali di sicurezza, aumentare risorse ed energie volte a debellare tale minaccia. E le misure eccezzionali suppongo scorciatoie nel normale funzionamento delle istituzioni democratiche, poteri delegati, facoltá speciali, minori controlli, anche sul piano della spesa.
Non dimentichiamo che durante l'amministrazione di George Bush, si é preteso giustificare l'uso della tortura, attraverso eufemismi che non hanno potuto ingannare la cruda realtá della pretesa. Questa, lo stesso viene praticata ai terroristi o sospettati tali - ci sono stati anche equivoci e relative "scuse" - sequestrati ed imprigionati in Romania o Uzbekistan o a Guantánamo.
Si tratta dunque di un clima che evoca il  regime del Grande Fratello di "1984", il libro di Orwell, dove uno dei suoi membri rivela, sito a memoria, che lo stato di guerra é piú importante della stessa guerra.
Il coro di coloro che mettono in discussione la minaccia terrorista, la guerra globale in corso, i cui teatri principali somo Afghanistan e Iraq, é in progressivo aumento. Pino Arlacchi ne fa parte col suo "L'inganno e la paura", pubblicato alla fine del 2008, che ho ampiamente citato nell'articolo precedente e con molti dati dai quali ho preso spunto. Ma anche Loretta Napoleoni vi si unisce nel suo "I numeri del terrore", insieme a molti altri autori che non abboccano all'amo mediatico delle notizie spettacolari.

Torniamo allora alla domanda. Chi e perché?


Il 17 gennaio 1961, durante il suo discorso di congedo dalla Casa Bianca Dwight David Eisenhower, 34mo. presidente degli Stati Uniti, pronunció le seguenti parole: «Nelle assemblee parlamentari dobbiamo guardarci dalla crescita di influenza, sia palese che occulta, del complesso militare-industriale. Il rischio che un potere gestito da persone sbagliate cresca disastrosamente esiste, ed esisterà anche in futuro. Non dobbiamo mai permettere che il peso di questa commistione di poteri metta in pericolo le nostre libertà o i processi democratici. E non dobbiamo dare niente per scontato: soltanto cittadini vigili e ben informati, infatti, possono imporre un adeguato bilanciamento tra l’enorme macchina militare-industriale e i nostri metodi e obiettivi pacifici, affinché la sicurezza e la libertà possano prosperare insieme».
Eisenhower sapeva molto bene di cosa stesse parlando. Ed é preciso, parla di complesso militare industriale. Si tratta di un settore che da lavoro a milioni di statunitensi e che in tutti questi anni si é esteso in modo notevole. Basta pensare allo sviluppo dell'elettronica, l'informatica e la telematica, senza dimenticare che l'industria aeronautica, navale e automotrice partecipano con cuote importanti in questo settori. Dalla Lockeed alla inoffensiva Apple, che pure produce iphone per uso militare, si tratta di un complesso poderoso che ha le sue lobby presso il Governo ed il Congresso degli Stati Uniti.
La questione é che esiste una grande commistione tra figure politiche e quelle legate a gli interessi economici e industriali. L'amministrazione Bush é stata un modello di penetrazione del settore petrolifero all'interno dell'Esecutivo, a partire dallo stesso George W. Bush, per poi seguire con Condoleeza Rice, Dick Cheney, ecc. Ma anche la "colomba" Barack Obama non ha esitato a includere, recentemente, nella nomina dei funzionari di governo a tre dirigenti della Raytheon, una azienda che da anni lavora nel settore militare. Uno dei tre William Lynn é stato nominato sottosegretario alla Difesa, e controllerá le spese militari. James B. Smith, inoltre ex militare, é stato nominato ambasciatore in Arabia Saudita, ed Amanda Simpson é la nuova Consigliere del Dipartimento del Commercio.
Secondo Pino Arlacchi, nel suo testo giá citato, a questo complesso militare industriale bisogna aggiungere quello mediatico, che ha il suo tornaconto dal clima di timore che si pretende installare e del quale i media se ne fanno eco con incredibile docilitá. Salvo poi fare dei mea culpa, come nel caso del New York Times che ha ammesso di aver relegato alla pagina 18 le voci contrarie all'invasione dell'Iraq, lasciando in prima pagina quelle a favore. Ma non ha spiegato quali ragioni hanno indotto a tale decisione.
Il Pentagono ed il menzionato complesso militare industriale traggono benefici diretti dal semplice fatto che sulla base di informazione che viene puntualmente smentita - a cominciare dall'idea della necessitá di una guerra globale contro il terrorismo, alle pretese armi di distruzione massiva nelle mani di Saddam Hussein in avanti, o fino alla panzana della capacitá dell'Iran di dotarsi di armi nucleari, ecc. - la spesa militare del governo degli Stati Uniti é lievitata in modo stupefacente, passando dai circa 400 miliardi di dollari nel 2003 agli attuali 680 miliardi che verranno destinati durante quest'anno. Nel 2006, aggiungendo a questa spesa quella complessiva delle varie altre agenzie di sicurezza, la cifra totale destinata a tale scopo superava i 1000 miliardi di dollari. Dobbiamo presumere dunque che quest'anno arriverá intorno ai 1.200 miliardi.
Cosa significa questo per le imprese private, lo illustra il prof. Massimo Simoncelli, dell'Archivio Disarmo in una intervista pubblicata su 30 Giorni nel novembre 2007:

 "Tutte le aziende belliche americane hanno partecipato di questo boom (dell'aumento di spesa del Pentagono, NdR). Nel settore dei veicoli militari vediamo che, tra il 2004 e il 2005, i fatturati dell’Am General, dell’Armor Holdings e della Oshkosh Truck sono passati rispettivamente da 690 milioni di dollari a 1.050, da 610 a 1.190 e da 770 a 1.060. Nel campo degli elicotteri la L-3 Communications è passata da 5.970 milioni di dollari a 8.970. Infine la Northrop Grumman è passata da 25.970 a 27.590 milioni di dollari di fatturato. Un incremento sbalorditivo, se si considera che si tratta di soli dodici mesi. Nel settore civile non si registrano crescite così repentine".
"In un'economia sempre più virtuale - spiega Miguel Martínez sul sito Megachip (Amanda Simpson, la criminale di guerra politicamente corretta, www.megachipdue.info/) - offre preziosi posti di lavoro, che permettono di controllare città intere, assieme agli eletti locali. Nel 1995, ad esempio, la Raytheon ha minacciato di spostare la propria sede principale dal Maine al Tennessee, se non veniva concessa loro una sostanziale riduzione delle tasse; ottenuta la riduzione con la promessa di tagliare di poco le spese per il personale, la Raytheon licenziò quasi un terzo della propria forza lavoro, aumentando proporzionalmente gli stipendi ai propri dirigenti".
I vantaggi tratti dal complesso militare industriale che, come abbiamo visto, penetra con figure appartenenti al suo establishment l'amministrazione pubblica ed i poteri dello Stato, mentre le sue lobby sono permanentemente al lavoro per convincere legislatori e membri del governo, ma é inoltre il destinatario diretto delle commesse e di succosi contratti, spesso in odore di corruzione.
Varie imprese statunitensi si sono avvalse in Iraq della formula dell'amministrazione delegata: hanno cioè presentato la fattura del loro operato delegato dalle autorità USA, con l'aggiunta di un plus di benefici, senza controllo alcuno. Ci sono aziende che devono dimostrare come hanno spesso decine di miliardi di dollari in questo modo. Altre invece sono state contrattate senza licitazione alcuna. Altre ancora fanno ormai parte del sistema di difesa statunitense come le stesse truppe. Pochi sanno che insieme al nuovo contingente di 30.000 uomini che porterá a quasi 100.000 gli effettivi statunitensi in Afghanistan, sono stati contrattati altrettanti soldati privati, alias mercenari, pur'essi presenti in quel Paese in numero di circa 100.000. Praticamente, per ogni soldato USA presente nella regione, Afghanistan e Iraq, é presente un mercenario, con funzioni anche di controllo e direzione della truppa del Pentagono. Si tratta di "contrattisti", usando l'eufemismo piú diffuso,  meglio pagati e meno impastoiate con le questioni legali dato che godono di assoluta immunitá. Ma questo é un altro tema. 

Dunque, mal comune mezzo gaudio, l'Italia non possiede l'esclusiva in materia di conflitto di interessi.
Con l'eccezione del Regno Unito, che crede o finge di credere che veramente siamo in guerra col terrorismo, il resto dei Paesi occidentali praticamente non porta avanti la stessa politica statunitense in questa materia. Con tutta probabilità anche perché non possiede un complesso cosí poderoso da condizionarne la politica. La spesa militare del resto dei soci europei presenti sul teatro di guerra non é aumentata sostanzialmente. Ne le misure antiterrorismo sono cambiate sostanzialmente, moltiplicandosi solo i controlli aeroportuali edoganali in genere.
E da questo complesso, e dai settori intellettuali ad esso affini, che viene permanentemente rinforzata l'idea di sostenere e espandere l'egemonia globale degli Stati Uniti, una missione che fa parte anche dell'idea collettiva di essere predestinati a realizzare detto dominio, ad esportare il proprio stile di vita e la propria idea di democrazia. E' quanto troviamo in teorici como Zbigniew Brzezinski nel suo "Il grande scacchiere", o nei documenti di think tank come il Progetto per il Nuovo Secolo Americano (www.newamericancentury.org), di cui fanno parte figure come Donald Rumsfeld, ex ministro della Difesa, Paul Wolfowitz, suo ex viceministro, membri importanti del governo di George W. Bush, responsabile dell'invasione dell'Afghanistan e dell'Iraq.
La tragedia dell'11-S, sulla quale sará opportuno ritornare, é stato l'elemento "catalizzatore" che ha accellerato il processo di espansione dell'egemonia statunitense post-caduta del Muro di Berlino. Quasi la cronaca di una tragedia annunciata.
In attesa di riprendere tali questioni, é bene parlare di questi temi e dar loro diffusione. L'inganno nel quale si cerca di far cadere l'opinione pubblica internazionale ha bisogno di menti addomesticate e coscienze sopite, che prendono dai media per oro colato quanto da essi diffuso e non avvertono che la vera minaccia all pace é altrove.

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