lunes, 15 de marzo de 2010

Ve la ricordate "Napoli milionaria"?

Sí, proprio la commedia di Eduardo de Filippo. Spesso l'Italia di oggi me la ricorda.
Avete presente la trama? Gennaro Iovine vive con la sua famiglia in un basso, durante la guerra. La moglie ha preso in mano le redini della famiglia perché lui é un pó "svanito". Col mercato nero Amalia garantisce il pane in quelle circostanze di miseria, é vero. Ma a che prezzo? Sta diventando una strozzina. Un pó alla volta sta estorcendo al ragioniere Spasiano, impoverito dalla guerra, tutte le sue sostanze. E lo fa con risentimento nei suoi confronti. Non gli perdona il benessere di cui godeva Spasiano quando la famiglia Iovine era una delle tante dei bassi. Accecata dai soldi, Amalia é sempre piú senza scrupoli. Gennaro non vede o non vuol vedere che presto o tardi il contrabbando, pur se accettato per necessitá, porterá la rovina morale. Le vicende belliche portano via Gennaro che ritorna, finita la guerra, dopo un lungo e drammatico itinerario. Inutilmente cercherá di raccontare le tragedia di morte e distruzione di cui é testimone. Nessuno vuole ascoltarlo, nessuno vuole pensare.
Il basso é trasformato: Amalia é ormai una milionaria ammaliata dal giovane Settebellezze, suo socio in loschi affari. Il figlio ruba pneumatici, gli amici sono ladri e contrabbandieri.
La donna uscirá dal suo sogno quando una malattia porterá al limite della morte la figlioletta. Invano cercheranno per tutta la cittá la medicina per salvarla. Sará il ragioniere Spasiano a procurargliela. L'uomo ridotto da lei al lastrico decide di ricambiare con la generositá l'odio di Amalia. E le ricorderá l'ingiustizia di cui é stata artefice. Amalia é scossa e Gennaro le mostrerá fin dove é scesa in basso. Presa la "medicina", come nel caso della figlioletta, ora non resta che aspettare che faccia effetto durante la notte. E conclude con una frase toccante: "Ha da passá a nuttata" (deve passare la notte).
E' una notte collettiva quella della nostra Italia. La ricchezza, il benessere l'hanno resa cieca. L'Italia ha dimenticato da dove viene, chi eravamo noi. Adesso guarda con superioritá gli stranieri, di cui ha bisogno per fare quei lavori che gli italiano non vogliono piú fare. E ha dimenticato che milioni di italiani sono andati in giro per il mondo cercando, e spesso trovando, quel futuro che la propria patria non poteva assicurare loro.
Ce lo siamo dimenticati? Abbiamo dimenticato che in Belgio, in Francia, in Germania, in Svizzera, in Canadá negli Stati Uniti, in Argentina, in Uruguay, in Brasile, in Australia, in Sudafrica, in Venezuela di italiani ce ne sono arrivati a carrettate? Quando leggo certe notizie, quando vedo certi atteggiamenti da "squadristi" nei confronti degli immigranti in Italia mi sento indignato.
Agli italiani che arrivavano in Argentina senza "gli occhi per piangere", come si dice a Napoli, davano agli immigrati 100 ettari di terra ciascuno nelle zone da colonizzare. Nella provincia di Santa Fe troverete localitá che si chiamano Piemonte, Cavour, Nuova Torino nate dalle famiglie i cui discendenti ancora preparano la "bagna cauda" appresa dai nonni e bisnonni. I rioni di italiani attorno a Montevideo sono fatti dalle casette che poterono costruirsi con i soldi del loro stipendio.
Provate a vedere le umiliazioni che bisogna patire per entrare oggi in Italia.
E non ci sono scuse. Praticare una politica di accettazione di stranieri é una cosa, un altra cosa é trattare con disprezzo chi oggi, come noi allora, é nella fame nera, nella miseria piú indignante, come le popolazioni dell'Africa del Nord.
L'Italia ha un debito con buona parte del mondo. Non se lo puó scordare. Ancora agli inizi degli anni '80 le rimesse degli italiani all'estero (cioé i soldi che gli emigrati mandavano alle loro famiglie in Italia) ammontavano annualmente a 4 mila miliardi di lire. A quei tempi era l'equivalente al fatturato dell'industra calzaturiera.
E questo debito, un Paese che ha la capacitá di ricordare da dove viene, ben lo starebbe pagando con quel 0,7% del PIL da destinare alla cooperazione allo sviluppo - ma fatta sul serio e non per fare ulteriori affari con le nostre aziende -. Impegno che l'Italia ha preso ma che praticamente non ha mai adempiuto. Sarebbe espressione di quella solidarietá tanto proclamata ma ancora in attesa di essere messa in pratica. Sarebbe un atto di giustizia. E´inutile barricarsi, come fa l'Europa, nel proprio benessere, mentre attorno c'é la disperazione.
Durante la crisi sconvolgente del 2002 in Argentina, il governo italiano non ha mosso una palpebra. Tutt'altro. Ha mosso i suoi rappresentanti presso il Fondo Monetario Internazionale per esigere all'Argentina il pagamento del suo debito usuraio, come donna Amalia. Le autorità italiane non hanno mai spiegato cosa ci facevano nelle mani dei suoi risparmiatori, pensionati e casalinghe, qui titoli del debito argentino valutati "di alta complessitá", che dovevano essere cioé maneggiati da istituzioni finanziarie specializzate. Tanto é vero che varie sentenze di tribunali italiani hanno obbligato le banche a restituire i soldi circuiti ai singoli risparmiatori. Il governo italiano promise un aiuto di 90 milioni di euro, mai arrivati. Il gesto piú solidale venne dalla Caritas spagnola che raccolse 6 o 7 milioni di dollari. E la metá dei cognomi in argentina sono italiani...
Ma l'Italia appare acceccata anche da altre cose. Come nella famiglia Iovine, sono apparsi ovunque loschi affari. Ovviamente, non bisogna generalizzare, ma nemmeno minimizzare. Una parte importante è di dubbia provenienza.
La leggerezza con la quale non si vuole ascoltare ma far tacere chi mette sull'avviso, ricorda a Gennario Iovine che non riusciva a trovare qualcuno disposto ad ascoltare le sue riflessioni sulla guerra. E coloro che lo fanno, come Roberto Saviano, vengono infangati e si getta sospetto sulla loro disponibilitá ad apparire sui "media". Come se per far prendere coscienza di certi problemi si possa evitare di utilizzare i media.
L'Italia non vede la penetrazione delle mafie nei suoi gangli, nel sistema finanziario che gia non puó fare a meno dei capitali mafiosi. E non vuole vedere che é penetrata nei gangli dello Stato. Le condanne dei tribunali non scuotono le coscienze, legislatori in odore di mafia sono accettati dai partiti e dai soci delle alleanze, premiati e spesso giustificati. Le leggi "ad personam" proteggono gli interessi piú sfacciati.
Con un giro d'affari superiore ai 100 miliardi di euro l'anno, le mafie esercitano una sovranitá su una parte del territorio alla quale lo Stato ha rinunziato di fatto. Perché quando le mafie possono vantare un PIL che moltiplica per due o per tre il suo giro d'affari, vuol dire che lo Stato ha un potere limitato, e chi comanda sono loro, almeno su una parte della penisola.
L'Italia pare la "Napoli milionaria" accecata dal benessere - oggi forse meno goduto ma da tutti sospirato -, e narcotizzata dalla tv spazzatura, che rifugge ogni volta che un Gennaro Iovine vuol parlare dei mali, di ció che distrugge il nostro tessuto sociale. Ogni volta che qualcuno vuol dire la veritá.
C'é di positivo che di Gennario Iovine e di ragionieri Spasiano ce ne sono. Come ci sono le forze capaci di generare una rinascita. La nostra societá civile ne é pervasa. Ed é lí la sua forza. E' un "magma" sotterraneo che vuole e deve salire in superficie: é una rete di organizzazioni e di inizative dotate di grande creativitá che ha bisogno di alimentare progetti politici per rinnovare la politica e l'economia. E', forse, la "medicina" di cui c'é bisogno.
Ma ci vuole impegno. Occorre uscire di casa, scomodarci; spegnere i televisori e dedicar tempo ad altre cose. Certe conquiste non cadono dal cielo. Insomma, scommettere, mettersi in moto.
Solo cosí passerá "a nuttata".

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