Questo arcipelago sito ai confini del mondo è ancora conteso dalla Gran Bretagna e l’Argentina. Difficile che motivi nuovi conflitti, ma superare la disputa aiuterebbe a migliorare i rapporti tra due popoli.
Le imbeccate reciproche tra le diplomazie di Londra e di Buenos Aires sono ultimamente se non all’ordine del giorno, quasi. La questione è quella di sempre. L’Argentina non tralascia occasione per ribadire il reclamo della sua sovranità sulle isole Malvine. Il governo di Sua Maestà non ha intenzione alcuna di riconoscerla.
A suo tempo le Nazioni Unite avevano auspicato che i due Paesi arrivassero a una definizione della questione nel rispetto degli interessi degli abitanti delle isole. Purtroppo però il triste e folle episodio della guerra per le isole scatenata durante l’ultima dittatura argentina, svoltasi durante l’autunno australe del 1982, avendo per teatro precisamente il conteso arcipelago, oltre a provocare una inutile carneficina da entrambe le parti, ha messo in congelatore le possibilità di una soluzione negoziata.
Ma di chi sono le isole Malvine? Sì, Malvine, secondo la dizione spagnola che, peraltro prende origine dai marinai di Saint Malo, malouines, che erano soliti fare scalo nelle isole. Il diritto internazionale in materia suole ricorrere in prima istanza agli avvistamenti cristallizzati in seguito nelle carte nautiche per stabilire il diritto che scaturisce dallo scoprimento di un territorio. Ma qui bisogna ritornare indietro nel tempo per ricordare che la questione venne definita col trattato di Tordesillas sancito nel 1494 tra Fernando e Isabella re di Castilla ed Aragon ed il re Giovanni II del Portogallo e arbitrato da papa Alessandro VI. Il trattato stabiliva le rispettive aree di influenza della corona spagnola e quella portoghese rispetto al nuovo mondo. Erano passati appena due anni dall’arrivo di Colombo in America. L’Atlantico sud apparteneva chiaramente all’area di influenza della corona spagnola. Anche se non si sa con certezza chi avvistò per primo le isole, fu in ogni caso prima del 1592, il che mette in fuori gioco ogni altra teoria al riguardo dato che esistono almeno 30 carte geografiche precedenti a tale anno che indicano la scoperta e la registrazione delle isole. L’attenzione britannica per le isole sorge nel secolo XVIII, quando per continuare le azioni di disturbo nei confronti degli spagnoli lungo le coste del Cile, la flotta britannica cercò un riparo sicuro alle navi che fossero stare ricacciate dalle tempestose acque che all’altezza del Capo Horn rendono improbo il passaggio dall’Atlantico al Pacifico. Nel 1770 Madrid ordinò alle autorità di Buenos Aires di provvedere allo sgombero dell’insediamento britannico nelle isole, cosa che venne eseguito prontamente. Ne sorse una questione che, per quieto vivere ed anche nel dubbio di non avere la forza di difendere il proprio diritto, alla fine Madrid concesse ai britannici l’uso delle Malvine ma lasciando ben in chiaro e documentato che ciò non inficiava in alcun modo la sovranità della corona spagnola sull’arcipelago. Tale diritto, ovviamente, venne trasmesso anche nella fase di secessione degli stati dell’ America del Sud dalla casa dei Borboni durante la prima metà del 1800, quando poco a poco si costituirono Argentina, Cile, Perù, Colombia, ecc.
Oggi la questione è diventata più complessa.
Sebbene il Foreign Office abbia ammesso di non possedere argomenti di peso per rivendicare la sovranità sulle isole, uno degli effetti del conflitto del 1982 fu quello di concedere la cittadinanza britannica ai kelpers, gli abitanti dell’arcipelago. Il che oppone una seria difficoltà a un argomento del governo di Sua Maestà che fa leva sul diritto all’autodeterminazione dei popoli. Infatti, dato che si tratta di cittadini britannici, i kelpers non possono far ricorso a questo diritto, ossia, non sono parte in causa. Da parte loro, gli isolani non hanno la benché minima intenzione di appartenere all’Argentina, per questioni culturali, data la loro discendenza britannica, soprattutto scozzese, e anche per ragioni di maggiore stabilità economica del Regno Unito. Il reddito procapite dei kelpers è di 28.000 dollari l’anno, uno dei più alti al mondo e ciò si deve ai benefici derivanti dalle concessioni di diritti di pesca del calamaro atlantico nelle acque della zona, oltre ai proventi provenienti dall’allevamento di ovini, della renna e della lana ed in parte all’agricoltura. La possibilità di rinvenire giacimenti petroliferi, attualmente sono in corso trivellazioni, ha aggiunto non poca quota di tensione nelle relazioni tra Buenos Aires e Londra, ma aumenterebbe la ricchezza dei 3000 abitanti delle Malvine che oggi si sentono protetti dalla importante base militare installata nell’arcipelago.
Una escalation armata della contesa sembra proprio da escludersi, pertanto la questione dovrebbe restare nell’ambito diplomatico in ogni caso con qualche corto circuito verbale. Non è da escludersi, dato che in questa fase storica siamo in piena corsa alle risorse energetiche da parte delle grandi potenze, tra cui e in prima linea il Regno Unito. Ovviamente, se si vuole arrivare a un qualche risultato, le buone maniere sono d’obbligo lasciando da parte gli eccessi verbali così frequenti tra le autorità argentine, non sempre dotate di flemma britannica. Ciò nonostante, andrebbe auspicata la modifica dello status giuridico di questo residuo imperialista, che fa a pugni con le idee di cooperazione tra popoli, garantendo ai kelpers una autonomia politica e amministrativa consolidata negli anni ed all’Argentina una sovranità i cui vantaggi fanno parte di criteri di elementare buon senso. Il diritto, anche quello internazionale, parte sempre da li.
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